Passano gli anni e Ascea rimane sempre la stessa. Molti giovani partono, in pochi ritornano. Tutto resta fermo, sempre uguale a se stesso. Di fronte a questa immutabilità e alla costante emigrazione dei nostri giovani, è lecito domandarsi quale futuro attende Ascea. Non esistono risposte semplici, ma una riflessione deve necessariamente partire da un’analisi della situazione attuale.
Il problema principale resta il lavoro e la disponibilità di capitali per investimenti. Nel nostro territorio non esiste un substrato imprenditoriale forte e radicato. Il Cilento, ma in generale il sud Italia, è caratterizzato dalla prevalenza di piccole imprese principalmente a gestione familiare. Il tasso di disoccupazione è superiore alla media nazionale e una buona fetta di lavoratori è a carattere stagionale. La maggioranza delle imprese ha poche risorse da investire e i redditi di impresa finanziano principalmente il lavoro dei dipendenti.
In un contesto del genere, gli enti pubblici diventano il principale motore dell’economia del territorio. La situazione è molto diversa rispetto al passato. Oggi i comuni devono farcela con le proprie forze: le risorse sono poche e i trasferimenti statali praticamente azzerati. Tutto passa attraverso la capacità delle amministrazioni di ottimizzare le risorse a propria disposizione cercando di cogliere opportunità dall’esterno (Regione, Stato, Europa, privati) attraverso adeguate progettualità.
Le amministrazioni pubbliche oggi offrono generalmente servizi scadenti a costi molto elevati. La principale causa è riconducibile a inefficienze nell’organizzazione dei processi e sprechi nella gestione dei servizi. Esistono ampi margini di ottimizzazione nella gestione della cosa pubblica. Un’opportunità che è al tempo stesso una sfida.
Se i nostri paesi non offrono servizi adeguati e non si creano le condizioni per creare nuove imprese e nuovo lavoro, le responsabilità sono da ricercare anche e soprattutto nella politica. Perché è la politica a decidere la direzione, il modo in cui vengono spese le poche risorse a disposizione e quali progettualità predisporre per attrarne di nuove. E gli effetti sul territorio dipendono inevitabilmente da queste scelte.
E’ lecito domandarsi cosa ha fatto la politica ad Ascea in questi ultimi anni.
Ricorderemo questa amministrazione per l’annullamento del concorso dei vigili urbani, i conti correnti dei cittadini pignorati per avvisi di accertamento errati, il fallimento dei patti di collaborazione, l’occupazione del lungomare e il mancato spostamento degli stabilimenti balneari. Aggiungiamo il piano urbanistico comunale fermo al palo da anni e un piano spiaggia mai pervenuto e il quadro è completo.
Le poche opere completate, come il sentiero degli innamorati e il palazzetto dello sport di Ascea capoluogo sono state volute, progettate e finanziate dalle amministrazioni precedenti. L’amministrazione in carica non ha alcun merito se non quello di aver portato a termine ciò che altri avevano iniziato.
Nessuna nuova progettualità, a dimostrazione dell’assenza di una visione del paese. La mancanza di nuove progettualità ha determinato l’impossibilità di attingere a risorse regionali, nazionali o europee. Il massimo che sono riusciti a fare è stato recuperare due vecchi progetti risalenti ai primi anni del 2000, ovvero il completamento del lungomare fino alla scogliera e la strada di raccordo tra Piazza Correale e via Montegrappa ad Ascea capoluogo. Opere costose che non essendo stati in grado di finanziare con strumenti esterni dovranno essere realizzate con mutui a carico dell’ente e dei cittadini. Non parliamo della questione del porto di Velia, uno specchietto per le allodole utilizzato come strumento di propaganda elettorale che meriterà un approfondimento specifico.
Ci sono poi le opere incompiute, come le barriere sommerse per la mitigazione dell’erosione costiera di cui Ascea ha urgente bisogno. Lavori avviati, poi bloccati, risolti con la rescissione del contratto a causa di un contenzioso con la ditta aggiudicataria. Il lavoro nel frattempo è stato lasciato a metà, con un impatto sulle correnti a riva e con il mare che si è fatto sentire lo scorso inverno portandosi via un pezzo di lungomare.
Se si arriva al punto di spacciare operazioni di ordinaria amministrazione per grandi interventi si nega la speranza di un futuro diverso, condannando la popolazione ad accettare la condizione attuale. La pulizia di un pezzo di spiaggia o di una piazza, la sistemazione di un’area a verde, il ripristino di un tratto di pubblica illuminazione non sono grandi opere, ma semplici interventi di ordinaria amministrazione
Riusciamo a riconoscere a questa amministrazione di aver fatto un buon lavoro solo sul sistema di raccolta dei rifiuti, anticipando rispetto ad altri comuni l’uscita dalla Yele e la riorganizzazione autonoma del servizio.
Questa la sintesi degli ultimi cinque anni di amministrazione, passati più a difendere piccoli interessi di parte che a lavorare insieme per creare nuove condizioni di crescita comune. Una amministrazione assente, poco coraggiosa, che ha dimostrato di non avere una visione per il futuro del paese e di badare solo alla sopravvivenza politica.
Ci siamo chiesti se la minoranza avesse potuto fare di più in questi anni. Sicuramente si, soprattutto in termini di comunicazione. Ma esistono anche dei limiti impliciti all’attività determinati dalla legge elettorale per i piccoli comuni.
Nei comuni con popolazione fino a 15.000 abitanti come Ascea, l’elezione del Sindaco e dei Consiglieri Comunali avviene con un sistema maggioritario. La lista che prende un voto più degli altri ottiene i 2/3 dei seggi disponibili in consiglio comunale. I restanti seggi vengono ripartiti in maniera proporzionale tra le altre liste. Alle ultime elezioni, la lista Cambiamo Ascea ha vinto con il 34,67% dei voti ottenendo 8 consiglieri comunali su 12 oltre il sindaco. Le restanti due liste, Fare Ascea e Per Ascea, insieme hanno preso il 65,33% dei voti ed hanno ottenuto complessivamente 4 consiglieri comunali.
In pratica questa legge elettorale garantisce pieni poteri ai vincitori per cinque anni. Anche solo per un voto. A meno di conflitti interni alla maggioranza, chi vince può amministrare autonomamente escludendo le minoranze dalle scelte. Giusta o sbagliata, la legge elettorale per i piccoli comuni funziona così. Sta alla sensibilità politica dei vincitori comprendere il proprio ruolo e coinvolgere le minoranze. Il contrappeso a questo sbilanciamento di potere è dato dalla politica dell’alternanza: ogni cinque anni si vota e il sindaco non può ripresentarsi per più di due mandati consecutivi. In questo contesto, il voto di ogni singolo cittadino ha un ruolo determinante e acquisisce un peso fondamentale. Chi ha amministrato in questi anni lo ha fatto su mandato di 1/3 della popolazione, una minoranza, e avrebbe dovuto coinvolgere e prestare maggiore attenzione alle proposte dei restanti 2/3.
Quale ruolo ha un consigliere di minoranza in questo contesto?
Esistono diversi modi per fare opposizione, e noi rinneghiamo per principio la logica della contrapposizione strumentale a tutto e a tutti. La risposta che ci siamo dati, che non è detto sia necessariamente corretta, è che le uniche reali possibilità di dare un contributo consistono nell’esercitare attività di controllo, di proposta e organizzare una alternativa che si faccia trovare pronta quando è il momento.
L’attività di controllo è una prerogativa essenziale delle minoranze, nonché una delle principali responsabilità della rappresentanza. L’attività di proposta è, invece, necessariamente legata alla disponibilità della maggioranza di discutere le proposte delle minoranze, facendole proprie.
Abbiamo a cuore le sorti di Ascea e non volevamo avessero alibi. Non abbiamo mai voluto mettere i bastoni tra le ruote a chi ha amministrato solo per poter gioire di un fallimento. Ciò che hanno realizzato è il massimo di cui sono stati capaci. Se è vero che le amministrazioni danno il meglio di sé nei primi cinque anni per garantirsi la riconferma e questo è il meglio che dobbiamo aspettarci, allora non osiamo immaginare cosa ci riserverà il futuro.
Abbiamo lasciato che i vincitori amministrassero, controllando con attenzione la legittimità di ogni atto, intervenendo quando necessario e provando a contribuire con idee e proposte. Siamo stati gli unici a denunciare le irregolarità nel concorso dei vigili e ad affrontare il tema dello spostamento degli stabilimenti balneari sul lungomare. E quando abbiamo provato a dare un contributo abbiamo sempre trovato un muro. Eppure l’atteggiamento è sempre stato costruttivo. Nessuna discussione in consiglio comunale, nessun confronto, sempre e solo l’affermazione del proprio punto di vista sopra gli altri.
Anche quando una proposta era assolutamente condivisibile è sempre stata rispedita al mittente. E al rifiuto spesso è seguito il paradosso: alcune proposte, inizialmente respinte, sono state successivamente adottate dalla maggioranza con deliberazioni proprie, affermando la bontà della proposta ma negandone la provenienza. Insomma, non può essere una buona idea se non è di chi amministra. “Fino a quando ci sono io, comando io” recitava un vecchio adagio. Ma l’incapacità di ammettere la validità di un ragionamento altrui non è un esercizio del potere, è solo mediocrità.
Ma le buone idee sono come i grandi amori: fanno giri immensi e poi, alla fine, ritornano. Qualche esempio? Le aliquote relative alla tassa sui rifiuti, il regolamento per la tassa di soggiorno, l’organizzazione dei parcheggi in zona scogliera.
Con queste premesse il futuro non promette nulla di buono.
Quale futuro può avere un paese che abbandona i suoi giovani al proprio destino, costringendoli ad andarsene per trovare il proprio ruolo nella società?
Quale futuro può avere un paese in cui non esistono più spazi di discussione e tutto si riduce ad una semplice diatriba “sei con me o sei contro di me?”
Quale futuro può avere un paese in cui le regole si scrivono per la convenienza di pochi invece che per l’opportunità di molti?
Non credete alle facili promesse, ai favori personali o ai roboanti annunci a pochi mesi dalle elezioni.
Non accontentatevi di un lampione della pubblica illuminazione sotto casa, un po’ di asfalto messo per strada o qualche mese di lavoro precario sottopagato. Solo fumo negli occhi.
Non lasciatevi intimorire da chi vi minaccia esercitando il proprio potere, perché presto non potrà più farlo se voi non lo consentirete.
Noi siamo quelli che credono in un futuro diverso, con regole e opportunità uguali per tutti.
Cinque anni fa abbiamo iniziato un percorso e intendiamo portarlo a compimento.
Noi ci crediamo, ci siamo e ci proveremo ancora.